I Nobel specchio della società?
[#1] La scorsa settimana sono stati annunciati i premi dedicati alle discipline scientifiche: hanno vinto solo uomini anglosassoni. Ma la società, anche quella scientifica, è ben diversa.
Nel 2018 un articolo apparso su The Conversation si chiedeva fin dal titolo se i premi più prestigiosi nel mondo della scienza fossero razzisti. Winston Morgan, l’autore dell’articolo, non usava giri di parole e riportava un semplice fatto: “degli oltre 900 premi Nobel, solo 14 (l’1,5%) erano neri e nessuno lo ha vinto nella scienza”. Da allora, sono andato a controllare sulle pagine della Nobel Foundation, non è cambiato niente. La qual cosa, sottolinea Morgan nel suo articolo, è ancora più triste se pensiamo che - almeno negli Stati Uniti - ottobre, quando vengono annunciati i vincitori, coincide con il Black History Month.
La scorsa settimana sono stati annunciati i laureati del 2024. E nemmeno quest’anno le cose sono cambiate. Anzi, per certi versi, sono una rappresentazione emblematica dell’egemonia che l’Occidente ancora esercita sulla scienza. Tra questi sette premiati non ci muoviamo mai fuori dall’asse Stati Uniti-Gran Bretagna. Sono tutti maschi di una certa età (e da molto si discute del fatto che il Nobel sia una sorta di premio alla carriera) e l’unico che esce leggermente dai canoni è l’amministratore delegato di Deepmind, che stando alle informazioni di Wikipedia è figlio di una donna singaporiana e di un uomo greco-cipriota. C’è una certa componente di cosmopolitismo nella sua famiglia di origine, dopodiché Hassabis è nato a Londra ed è in tutto un prodotto del sistema culturale e scientifico britannico.
Un altro fattore che metteva in evidenza l’articolo di The Conversation è la scarsa presenza di donne in tutta la storia dei Nobel, scientifici o meno che siano. I dati mostrano un confronto impietoso. Dei 971 Nobel assegnati finora quelli andati agli uomini sono stati 905, quelli andati alle donne 66, pari al 6,79%.
Tornando alla questione dell’egemonia dell’Occidente, dalla pagina di Wikipedia apprendiamo che la distribuzione geografica dei primi cinque paesi per numero di premi è la seguente:
Stati Uniti: 413 premi Nobel vinti (42,5% del totale)
Regno Unito: 138 premi Nobel (14,2% del totale)
Germania: 115 premi Nobel (11,8%)
Francia: 76 premi Nobel (7,8%)
Svezia: 34 premi Nobel vinti (3,5%)
Questi cinque paesi rappresentano da soli il 79,8% di tutti i Nobel assegnati fino al 2024. E per non limitare lo sguardo solamente alle persone nere, anche i premi vinti da persone non europee o americane sono comunque una netta minoranza.
Non ho gli elementi per dire se i Nobel siano razzisti, come si domandava sei anni fa Winston Morgan. Di sicuro qualche vincitore è razzista. Penso a James Watson, scopritore con Francis Crick della forma del DNA, che ha più volte sostenuto nella sua lunga carriera di uomo pubblico che i neri fossero intrinsecamente inferiori ai bianchi. (E uso volutamente il maschile, in questo caso, perché Watson ha dimostrato in più occasioni di essere anche misogino). Per esempio, in un’intervista rilasciata nel 2007 al Sunday Times, quotidiano inglese, ha parlato esplicitamente di un “cupo destino dell’Africa”, in quanto “tutte le nostre politiche sociali sono basate sul fatto che la loro intelligenza sia come la nostra mentre tutti i test ci dicono che non è davvero così… Chi ha avuto a che fare con dipendenti di colore sa che non è vero”. Dimostrazione di come si possa essere brillanti scienziati e coltivare opinioni orribili.
Ma non voglio partire da qui per fare un elenco di personaggi simili a Watson. Quello che mi impressiona è che i Nobel di quest’anno sono stati davvero poco diverse, come si dice in inglese, trasformandosi in un (credo) involontario specchio di un problema che affligge tutta la comunità scientifica, ovvero quello della rappresentazione. Forse i premi come i Nobel potrebbero ambire a esercitare un ruolo diverso in questo ambito, cercando di non riproporre implicitamente lo stesso sguardo deformato, altrimenti gente come Watson avrà gioco facile ad appogiarvicisi per sostenere le proprie odiose posizioni.
Webinar su Scienza in Rete
Il 10 ottobre ho partecipato a un webinar organizzato da Scienza in Rete per presentare il libro. Nonostante non ci sia il calore dell’incontro in presenza, è stato bello rispondere alle domande di Eva Benelli e a quelle del pubblica. Eccovi la registrazione completa:
Appuntamenti
Occasioni per incontrarci e fare quattro chiacchiere di persona (o quasi):
Il 19 novembre sarò a Bologna, al Centro Interculturale Zonarelli (Via G. A. Sacco 14) all’interno della Bologna Master Class UNESCO - Colonialismo e pratica decoloniale nel nostro presente. Si tratta di un’iniziativa del programma contro il razzismo delle Nazioni Unite rivolto alle studentesse e agli studenti delle scuole superiori. Molto contento di partecipare in compagnia di Rahma Nur, Daro Sakho e Michelle Rivera.